Giuseppe C.
5/5
Nell'imminenza del Natale, segnalo un prodotto che potrebbe essere un regalo molto apprezzato da bambini e adulti. Mi riferisco al mosto cotto della Cantina Cirrià, che ho avuto la fortuna di assaggiare grazie al suo patron, Adriano Santori. A colpirmi è stata innanzitutto l'amorevolezza con cui mi veniva descritto questo elisir dalla tradizione secolare, iniziata nel 1889 dal capostipite Ciriaco. Il liquido si differenzia dal vino cotto perché del tutto analcolico e ad alto contenuto zuccherino. Portandolo alle labbra, un abruzzese ritrova i sapori arcaici della campagna, della famiglia riunita accanto al fuoco, dei doni che la natura concede alle persone capaci di dialogare con lei. Chi non conosce questa specialità fatta di pazienza, competenza, cura filiale, scoprirà l'eredità di un universo contadino che sa ancora insegnare il valore della dedizione e dell'attenzione al particolare. La cottura dura oltre 20 ore e il processo di affinamento si protrae per ben 2 anni prima dell'imbottigliamento (12 mesi in contenitori inox e 12 in botti di rovere). Il pensiero corre al blasonato aceto balsamico di Modena, noto in tutto il mondo. Il mosto cotto di Santori regge il confronto quasi con spavalderia: pur costando infinitamente di meno, accarezza il palato con un alito caldo di suggestioni uniche e con la capacità di essere abbinato ai dolci, alle carni, alle verdure, senza tralasciare la degustazione in bicchiere, consigliata quando si desidera una carica di energia amica. E' un prodotto genuino, nuovo benché la sua origine affondi nella terra degli avi, commercializzato con una veste elegante, come si addice a un patriarca della tavola, dove questo prodotto salutare incontra la gioia della gola.